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Meyer di Firenze, prima protesi 3D riassorbibile impiantata in Europa

Intervento svolto con successo da équipe chirurgia pediatrica. Operati quattro adolescenti con malformazione gabbia toracica. Protesi stampate in 3D

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FIRENZE – Meyer di Firenze, prima protesi 3D riassorbibile impiantata in Europa.

Sono già quattro gli adolescenti operati con successo dall’équipe di chirurgia pediatrica dell’Irccs Aou Meyer di Firenze utilizzando protesi stampate in 3D in materiale completamente riassorbibile, progettate dal laboratorio T3Ddy.

“E’ la prima volta in Europa che viene utilizzata una protesi sternale completamente riassorbibile”, annunciano dal Meyer. La stessa tecnica di stampa 3D, prospettano gli esperti, potrà essere usata anche per altre malattie come i tumori della parete toracica.

Tutti e quattro i pazienti, illustra il centro pediatrico fiorentino, avevano una malformazione della gabbia toracica detta ‘petto escavato’. Si tratta di una depressione della parete toracica anteriore che, sebbene nella maggior parte dei casi non comporti disturbi funzionali. Viene vissuta da chi ne soffre come un difetto estetico impattante, con ricadute psicologiche specialmente nell’età dello sviluppo.

Per ciascuno degli adolescenti operati, prosegue il Meyer, la protesi è stata stampata in 3D con un particolare materiale. Lo stesso del filo da sutura riassorbibile (polycapro-lattone). Su questa ‘impalcatura 3D’ realizzata in materiale riassorbibile sono state innestate cellule adipose prelevate dalla coscia del paziente. E l’organismo ha completamente incorporato questa protesi. In tutti e 4 i casi, l’ultimo recentissimo, l’intervento chirurgico è durato meno di 3 ore. E i pazienti, dimessi in seconda giornata post operatoria, in meno di una settimana sono tornati alla loro vita normale. Senza complicazioni post-operatorie inaspettate e avendo risolto l’impatto estetico della malformazione.

Un traguardo reso possibile dalla collaborazione dei chirurghi del Meyer, guidati in sala operatoria da Flavio Facchini, specialista in chirurgia plastica e ricostruttiva. Con T3Ddy, laboratorio congiunto Meyer-Università di Firenze sostenuto dalla Fondazione Meyer. Coordinato da Monica Carfagni per UniFi e da Kathleen McGreevy per il Meyer. E dedicato proprio all’introduzione di tecnologie 3D altamente innovative nella pratica clinica dell’ospedale.

In sala, spiega il Meyer, insieme a Facchini anche i chirurghi pediatrici Alessandra Martin e Roberto Lo Piccolo, dell’équipe di Antonino Morabito. Insieme ad anestesisti e infermieri, questi ultimi formati con un corso ad hoc proprio in preparazione ad interventi di questo tipo. In fase pre operatoria ingegneri e medici hanno lavorato fianco a fianco. Per ciascuno dei pazienti, partendo dalla tac, gli ingegneri di T3Ddy guidati da Yary Volpe hanno elaborato il design della protesi ottimizzando la geometria in modo tale da adattarsi alla conformazione specifica del paziente.

Come precisano dalla Aou, quella messa a punto al Meyer è una metodica sperimentale. I 4 casi sono inseriti in un trial che utilizza lo stesso dispositivo testato anche in uno studio portato avanti su pazienti adulti presso il Princess Alexandra Hospital di Brisbane, in Australia. Fondamentale, in questo senso, il corposo lavoro del Comitato etico pediatrico della Regione Toscana. Per arrivare all’approvazione a livello ministeriale del trial e poter cominciare lo studio, che prevede un follow-up per 2 anni di tutti i casi. In totale ne sono previsti 10.

Facchini: “Abbiamo cominciato a lavorare al futuro della chirurgia ricostruttiva. Questo è un ulteriore, grandissimo, passo in avanti. Perché al Meyer adesso la stampa 3D viene usata per la realizzazione di protesi che si integrano completamente nell’organismo, e non solo per stampare modelli preparatori o protesi 3D ‘classiche’. L’utilizzo di protesi 3D riassorbibili ha per i nostri piccoli pazienti tantissimi vantaggi. Gli interventi sono meno invasivi e negli organismi non rimangono corpi estranei, riducendo i rischi di rigetto ed infezioni. In un futuro prossimo contiamo di poter utilizzare la stessa tecnica anche per la chirurgia di altre patologie, come la sindrome di Poland, i difetti della parete toracica anteriore e i tumori di quell’area”.

© Riproduzione riservata

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