LIVORNO – La storia di Camille Claudel, spettacolo teatrale in scena a Livorno.
La storia di Camille Claudel, “la compagnia dei Leggendari è onorata di portare a Livorno per la prima volta lo spettacolo teatrale ‘Camille’”.
In scena all’ex Cinema Aurora di Livorno giovedì 13 giugno alle ore 21.
Protagonista Astra Lanz, musiche dal vivo suonate da Leone Lanz.
Lo spettacolo è tratto dalle lettere che Camille Claudel (1864-1943) scrisse prima e durante l’internamento in manicomio dove ha trascorso gli ultimi trent’anni della sua vita. Per l’occasione, grazie alla collaborazione della Galleria Athena, due opere di Deborah Ciolli (attualmente in mostra in galleria) saranno usate per la scena.
Lo spettacolo, illustrano gli organizzatori, ha già fatto numerose repliche ed è la prima volta che viene portato in Toscana per poi proseguire con altre repliche in altre regioni.
“Uno spettacolo dedicato ai giovani che provano ad affacciarsi al mondo dell’arte, e che punta a far conoscere la persona dietro l’artista (purtroppo quasi sconosciuta) che ha influenzato il mondo della scultura”.
Camille Claudel, fu allieva, collaboratrice e amante di Auguste Rodin ma soprattutto interprete sottile e consapevole di un’arte che a cavallo tra Otto e Novecento aprì le porte alla modernità; immagine di una tipologia femminile che cercava la propria libertà, dirompente e totalizzante, allora poco compresa soprattutto da chi le stava più vicino. Camille è un caleidoscopio di immagini e suggestioni che ne vivifica la memoria, l’umanità, la bellezza, il daimon potente, esuberante e tragico della creazione artistica, le sue passioni, i confitti e le sue modalità di reagire alla vita.
Il libro: Moi-même: me stessa
di Marco Alessandrini, traduttore e curatore di Sono come Cenerentola per Via Del Vento
Edizioni da cui sono state tratte le lettere di Camille.
«Del sogno che fu la mia vita, questo è l’incubo» Camille Claudel, Montdevergues, 1935
«I funerali sono stati molto dignitosi, come lei meritava». Così nel 1943 il cappellano del manicomio di Montdevergues scrive all’ambasciatore, poeta e drammaturgo Paul Claudel, dopo la morte della sorella. «[Qui] Era molto amata». Scompare così, abbandonata da tutti, Camille Claudel, internata da 31 anni in manicomio. Nella fossa comune, nessun nome: solo il numero di matricola. Tragico destino, sembrerebbe, per lei che da giovane aveva scritto: «Io non voglio essere aiutata, voglio essere riconosciuta». Eppure, la sua caparbietà alla fine ha vinto. Fin da ragazzina convinceva i familiari a posare per ciò che lei diventerà appassionatamente, ossia scultrice. E quando in manicomio, umiliata e sola, rifiuta di scolpire, allora indirizza a familiari e amici vibranti lettere. Scultura e scrittura, specchio di un’identica urgenza vitale, hanno portato perciò, a partire dagli anni ’80 e ’90 del Novecento, a riscoprirla, studiarla, celebrarla: a riconoscerla. Oggi non è ricordata infatti perché amante di Rodin, sedotta e abbandonata, né perché poi divenuta “pazza”, ma perché considerata una delle più straordinarie artiste vissute tra Otto e Novecento.
Per lei scolpire è esistere, senza risparmiarsi. In apparenza, sfida i pregiudizi della società: se già per le donne era disdicevole divenire artiste, esserlo come amante di Rodin la squalificava in più come sua “protetta”.
Nei 14 anni della loro relazione, è invece ora evidente quanto la sua arte abbia influenzato Rodin, in un mutuo scambio in cui le opere di Camille si distinguono, potenti, per il sentimento tradotto in forme quasi liquefatte, non solo eccezionale anticipazione di ciò che sarà moderno (vedi Medardo Rosso, persino Giacometti), ma forma struggente di ferite affettive.A Rodin aveva scritto: «C’è sempre qualcosa di assente che mi tormenta l’anima».
Assenza, mancanza. Quando lascia Rodin, avendo compreso che non abbandonerà Rose Beuret, conosciuta prima di lei e che gli ha dato un figlio (mai riconosciuto poi dallo scultore), si riapre un dolore in realtà antico riconducibile al rapporto con la madre. Basti pensare che, morto il padre, l’unico ad averla appoggiata e riconosciuta, di fronte allo scompenso psichico che la colpirà dopo aver perduto non solo Rodin, ma gli amici nel mondo dell’arte (e dunque le committenze e i guadagni), è la madre a firmare l’istanza di internamento in manicomio. E lì mai, né madre né sorella andranno a visitarla, rifiutando poi per ben due volte la proposta dei medici di dimetterla perché ormai mentalmente lucida. Quanto al fratello, la visiterà appena una dozzina di volte. La mancanza è connaturata a noi tutti, e se in Camille ha scavato, improvvisa, una faglia («paranoia delirante», la diagnosi d’ingresso in manicomio), è perché non solo la famiglia, ma la società intera la abbandonano, esclusa e isolata. Si ricordi infine che Camille, in francese, è nome neutro: senza un articolo determinativo, è maschile e femminile indifferentemente. Non è forse un caso che un anno prima della sua nascita era morto, neonato, proprio un maschio: un fratellino. Anche per questo sentiamo oggi Camille vicina. Gravata da un compito impossibile, colmare un vuoto e un lutto altrui, ha perseguito tuttavia sempre, persino reclusa in manicomio, la «sensazione di essere vivi, di essere se stessi» di cui parla lo psicoanalista Winnicott. A soli 24 anni, alla domanda «qual è il tuo artista preferito?», Camille aveva stupendamente risposto: «moi même», me stessa.
Chi è Astra Lanz
Astra Lanz è un’attrice teatrale e cinematografica con una vasta esperienza artistica. ha studiato recitazione e teatro in varie istituzioni prestigiose, tra cui il Lee Strasberg Theatre & Film Institute di New York.
Esperienze teatrali
Dal 2018 è interprete dello spettacolo Camille, tratto dalle lettere di Camille Claudel. Dal 2021 aggiunge al suo repertorio lo spettacolo Soltanto quel che arde di Christiane Singer, vincitore del Teatro Festival Valtellina e Valchiavenna 2021, con musiche del Seicento barocco eseguite dal vivo. Tra il 2019 e il 2022, ha partecipato a Gius(to)Borges, uno spettacolo basato su testi di Jorge Luis Borges con musiche dal vivo e scenografie di Cristiano Schiavolini. Ha anche recitato in Storia, musica e parole in circolo (2019), Amleto di Shakespeare (2016) e Hedda Gabler di Ibsen (2016).
Le sue esperienze teatrali includono anche collaborazioni con registi di fama come Giancarlo Nanni, in spettacoli come Il Gabbiano (2007) e Il giardino dei ciliegi (2006), e partecipazioni a festival internazionali, come la sua performance in Il Viaggio a Reims di Rossini sotto la regia di Luca Ronconi (2001).
Cinema e televisione
Nel cinema, ha lavorato con registi come Michele Placido in Eterno Visionario (2023) e Antonio Pisu in Nina dei lupi (2022). Ha interpretato ruoli in Destini (2018) di Luciano Luminelli e Le ombre rosse (2009) di Citto Maselli. Ha anche recitato in cortometraggi come Urka Burka (2010) e Hai fatto la cosa giusta (2006).
In televisione, è nota per il ruolo di Suor Maria nella serie Don Matteo dal 2008 al 2020. Ha partecipato anche a La lunga notte (2023) di Giacomo Campiotti e Purché finisca bene – La fortuna di Laura (2022) di Alessandro Angelini.
Formazione
Astra ha una solida formazione teatrale, avendo partecipato a numerosi corsi e workshop con insegnanti di rilievo internazionale. Ha seguito masterclass con Anna Strasberg e seminari con Ewa Benesz e Kirk Baltz. Dal 2003 al 2004, ha frequentato il corso di alta specializzazione per attori presso la Fondazione TeatroDue di Parma.
Laboratori Teatrali
Dal 2016, Astra conduce laboratori di formazione teatrale in provincia di Sondrio, dove ha fondato la compagnia Agharti. Ha collaborato con artisti locali e scuole di musica e danza, curando vari spettacoli, tra cui “Gocce d’Inverno” e “Shakespeare R-Evolution”. Inoltre, ha esteso il suo laboratorio teatrale ai detenuti della Casa Circondariale di Sondrio nel 2018.
L’ingresso costa 10 euro con un ridotto a 8 euro per docenti e studenti. L’ex Cinema Aurora è un circolo con tessera annuale che costa 5 euro (solo over 18), è possibile anche cenare prima dello spettacolo prenotando al numero 338 2764627.