LIVORNO – Annata no per il grano toscano. Lo confermano i risultati della trebbiatura del 2024.
Le cause? Il cambiamento climatico e i prezzi del grano che, è storia recente, sono nuovamente crollati lasciando un margine sempre più esiguo ai produttori agricoli. Il rischio, se qualcosa non cambierà, dicono gli addetti ai lavori, è andare sempre più incontro all’abbandono di terre e di questo tipo di coltura.
Donatello Cerone, associato Cia Etruria, ha terreni sparsi nelle province di Livorno, Pisa e Siena dove si occupa di trifogli, ceci, lenticchie e sulla ma soprattutto di cereali. “È stata un’annata disastrosa – dice – nonostante qualitativamente i livelli siano ottimali tanto in termini di peso specifico che di proteine, il problema sono le rese. La quantità del grano è scarsissima perché la maggior parte è morto in campo a causa della primavera molto piovosa che ha letteralmente pregiudicato il raccolto, specie di alcune varietà”.
Un anno negativo che va a sommarsi anche ai due precedenti e alle tante, troppe, difficoltà del settore. “La diminuzione del prezzo del grano – prosegue – è sicuramente una componente fondamentale che va ad ampliare il danno economico di un’azienda”. Un problema per il quale Cia Etruria chiede una soluzione, che almeno in parte potrebbe essere rappresentata dal Granaio Italia.
“Purtroppo le rese sono basse così come lo sono i prezzi riconosciuti ai produttori – sottolinea Cinzia Pagni, presidente di Cia Etruria – Data la situazione dobbiamo purtroppo attenderci una diminuzione dei terreni coltivati, soprattutto nel settore cerealicolo e la chiusura di molte aziende. È stato recentemente approvato in commissione agricoltura al Senato l’emendamento sul registro telematico dei cereali, il cosiddetto Granaio Italia in cui vengono censiti tutti i cerali italiani e quelli che entrano nel nostro paese. Porre la tracciabilità anche sul cereale italiano – chiosa Pagni – aiuta a valorizzare le nostre produzioni garantendo al consumatore la possibilità di scegliere cosa comprare e cosa mangiare, e al produttore un più adeguato margine”.