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Reperti archeologici confiscati. Donati a museo di Bibbiena

AREZZO – Reperti archeologici confiscati. Donati a museo di Bibbiena.
La Guardia di Finanza di Poppi ha eseguito un provvedimento di confisca di reperti archeologici. 
Si tratta di manufatti in ceramica e terracotta di pregiata fattura. Di inestimabile valore.
I reperti archeologici confiscati sono stati consegnati definitivamente al Museo archeologico di Bibbiena.
I reperti sono stati trovati in un’attività commerciale del Casentino.
Il titolare dell’azienda che li deteneva illecitamente segnalato alla Procura della Repubblica di Arezzo, per la ricettazione di beni culturali, provenienti da reato.
Dopo la confisca, la GdF successivamente li ha affidati alla Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio per le province di Siena, Grosseto e Arezzo. Per destinarli ad esposizione in musei dddicati del territorio.
Sono sei i pezzi restituiti alla collettività risalenti al periodo tra il VII ed il VI secolo A.C.
Di probabile origine dell’Etruria meridionale (alto Lazio). Tutti rinvenuti in un’attività commerciale casentinese, a fine dello scorso anno, nel corso di un intervento ispettivo condotto dai militari della tenenza di Poppi.
I vari esemplari sono classificati come oinochoe (brocca di vino) in bucchero (tipo di ceramica nera e lucida). Oinochoe in ceramica d’impasto a bocca trilobata. Holmos (vaso su alto piede) in ceramica d’impasto rosso. Kylix (coppa per il vino) in bucchero. Olla biconica (recipiente di terracotta, destinato per lo più alla cottura o alla conservazione dei cibi) e tazza attingitoio.
Il tribunale di Arezzo ha emesso la sentenza di condanna ed ha disposto la confisca, con la quale i beni vincolati sono stati espropriati in favore del patrimonio dello Stato, attraverso la devoluzione alla soprintendenza archeologica.
Infine, nei giorni scorsi, i reperti archeologici sono stati consegnati definitivamente al museo archeologico di Bibbiena. Dove hanno trovato adeguata collocazione, all’interno di un percorso espositivo in grado di valorizzarli. La Soprintendenza, attraverso complessi e accurati accertamenti tecnici aveva stabilito la datazione e l’origine degli oggetti. Che, per le evidenti tracce di incrostazioni terrose, solidificazioni calcaree e fratture, aveva ritenuto potessero provenire da scavi non autorizzati.

 

—CronacaREDAZIONE

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