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Ai e salute: come la tecnologia migliora il nostro benessere quotidiano

In che modo l’Ai può migliorare non solo la nostra produttività ma la nostra salute? Anche di questo si è parlato oggi, 27 novembre 2025, in occasione della terza edizione di “AI: intelligenza umana, supporto artificiale” organizzato dall’Adnkronos presso Palazzo dell’Informazione, a Roma.

Dopo gli interventi sulle strategie aziendali, nel panel “Le applicazioni dell’intelligenza artificiale, le strategie delle imprese”, il focus si sposta sul settore healthcare, dove l’Ai sta producendo risultati tangibili: dalla pubblica amministrazione sanitaria alla scoperta di nuove molecole, con il primo farmaco interamente progettato da intelligenza artificiale già nell’ultima fase della ricerca clinica.​

Moricca (PagoPA): “Con il calo demografico e l’invecchiamento, l’Ai darà servizi che altrimenti non potremmo garantire” 

In un Italia, non si può parlare di salute pubblica senza parlare di crisi demografica e relativo invecchiamento della popolazione.

Alessandro Moricca, amministratore unico di PagoPA, individua tre pilastri per l’utilizzo dell’Ai nella pubblica amministrazione: “In primis l’etica che si traduce in un utilizzo trasparente di questa tecnologia. Nel caso di PagoPA – spiega – lavoriamo in open source, quindi c’è la massima trasparenza. Il secondo pilastro è la sostenibilità: in tal senso, il nostro obiettivo è automatizzare i processi per migliorare non solo la sostenibilità ambientale, ma in assoluto del sistema.

Il terzo pilastro è, chiaramente, la tutela dei dati, centrale nel nostro lavoro. Per questo siamo in costante contatto con il Garante della privacy”.​

L’ottimizzazione dei processi diventa cruciale in una popolazione che invecchia: “Se noi riusciamo tramite l’intelligenza artificiale a ottimizzare questi processi, daremo un servizio migliore, soprattutto in una situazione di calo demografico e con le categorie più anziane che diventano sempre più numerose”. Il Sistema sanitario nazionale è in affanno già oggi e, secondo le previsioni demografiche, le esigenze di cura aumenteranno: senza l’apporto della tecnologia il livello di assistenza è desinato a peggiorare. 

Tre ambiti di applicazione

Moricca identifica tre ambiti d’applicazione. Il primo riguarda il cittadino: “L’Ai ci permette di arrivare al cittadino con un linguaggio più comprensibile e di semplificare i servizi”, spiega l’amministratore unico di PagoPA, società che ha già implementato chatbot per assistenza nelle ore notturne e weekend, e sta lavorando su delle Api (Application Programming Interface, sistemi che permettono a più software di interagire tra loro), che diano “un servizio più inclusivo alle minoranze linguistiche e anche a varie forme di disabilità”.

Il secondo ambito è il dialogo tra enti: “Non tutte le società, non tutti gli enti hanno lo stesso stato di avanzamento sul digitale e questo è un problema. L’intelligenza artificiale può aiutare le pubbliche amministrazioni a dialogare tra loro” attraverso la Pdnd (Piattaforma Digitale Nazionale Dati).

Il terzo è l’ottimizzazione interna: “Siamo una società Data Driven, Cloud Native, lavoriamo sui Big Data ed è in quell’ambiente che cerchiamo di utilizzare al meglio l’intelligenza artificiale per ottimizzare i processi e migliorare anche i nostri sistemi previsionali”.​

Federico Chinni (Farmindustria), Mariangela Amoroso (Sanofi Italia) e Giovanni Gigante (Chiesi Italia) portano l’attenzione sul settore healthcare, dove l’intelligenza artificiale sta rivoluzionando ricerca, produzione e sperimentazione clinica.

Chinni (Farmaindustria): “Dall’80% scoperto in laboratorio all’80% scoperto da Innovation Network. Il primo farmaco Ai è in fase finale” 

“All’inizio degli anni Duemila, l’80% delle molecole, quindi i nuovi prodotti farmaceutici, veniva scoperto all’interno dei laboratori di ricerca e sviluppo dell’industria. Oggi la percentuale è completamente ribaltata, cioè l’80% delle molecole viene scoperto attraverso quello che possiamo definire un Innovation Network: collaborazione con l’accademia, con ospedali, centri di ricerca, ma anche startup. Sono quasi 100 oggi le molecole scoperte da AI. E il primo farmaco oggi in fase ultima, già nell’ultima fase della ricerca clinica, è stato scoperto direttamente 5 anni fa da intelligenza artificiale”, spiega Federico Chinni, componente della Giunta di Farmindustria.

Non è solo un discorso di quantità ma di qualità: “La serie storica era attorno al 50%, cioè circa la metà delle molecole selezionate aveva la capacità di essere portata sul mercato. Oggi questa serie viene portata all’80-90%, a dimostrazione dell’enorme impatto generato da questa tecnologia”.

Due i temi centrali per portare innovazione al cittadino: utilizzo dei dati secondari in forma anonima (“più i dati sono messi a fattor comune, più sono elementi fondamentali per la ricerca”) e formazione per superare il digital divide: “È chiaro a tutti – prosegue Chinni – come l’Ai porti grande valore in termini di efficacia ed efficienza alle imprese. È un po’ meno chiaro il valore per ognuno di noi. Con la velocità a cui va oggi il mondo, oggi siamo esperti in un determinato ambito, ma se non continuiamo a evolvere, diventiamo facilmente ex-perti. Non possiamo sottovalutare questa realtà”.

Amoroso (Sanofi): “Patto digitale con le parti sociali, Smart Factory e 90 nuovi target identificati dall’Ai in un anno”

 Mariangela Amoroso, Medical Lead di Sanofi Italia, spiega che l’azienda biofarmaceutica “si è posta come posizionamento quello di essere guidata dalla ricerca e sviluppo, ma potenziata dall’intelligenza artificiale, che è diventata un potente alleato a tutti i livelli organizzativi”.

Non dobbiamo immaginarci un’Ai generica, ma software molto specializzati: “Nella ricerca e sviluppo, quindi nel Discovery e poi nella sperimentazione, abbiamo una intelligenza artificiale esperta, dove si utilizzano algoritmi, deep learning, machine learning per finire poi con l’Ai generativa, che ci permette di ottimizzare con precisione quei documenti essenziali per la reportistica che dobbiamo condividere con gli enti regolatori”.​

Amoroso richiama l’importanza della formazione sottolineata in precedenza da Federico Chinni. A tal fine, nel 2024 Sanofi ha siglato un patto digitale con le parti sociali: “Abbiamo manifestato l’interesse a portare competenze e formazione per tutto il personale aziendale attraverso una governance di responsabilità anche nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale e abbiamo incominciato una formazione continuativa di tutto il personale, sia quello dell’headquarter a Milano che nei nostri siti produttivi, dove l’intelligenza artificiale ci ha permesso di costruire in Italia due Smart Factory che producono per tutto il mondo”.​

I “pazienti digitali” permettono di diminuire la sperimentazione sugli umani

I risultati nell’ambito della ricerca sono significativi: “Grazie all’Ai – spiega Amoroso – nell’ultimo anno abbiamo identificato 90 nuovi target e abbiamo anche noi delle molecole completamente originate dall’intelligenza artificiale. Prima per avere una molecola da presentare agli enti regolatori ci impiegavamo molto più di 10 anni, ora in Sanofi siamo arrivati a 8 anni e nella parte della ricerca clinica abbiamo ridotto i tempi di 2 anni”. Fondamentale a tal fine sono i cosiddetti “pazienti digitali”: “sono dei gemelli digitali dove noi andiamo a simulare cosa fa una nuova molecola”. La sperimentazione virtuale permette in alcuni casi, come nelle malattie rare, “di diminuire la sperimentazione sugli esseri umani e quindi avere un campione molto più piccolo, ma con certezze di efficacia e sicurezza”.​

Giganti (Chiesi): “Per la prima volta l’Fda accetta dati sintetici” 

Giovanni Gigante, PhD Senior medical director, Chiesi Italia, parte da un cambio di paradigma: “Sono entrato nel mondo farmaceutico dieci anni fa. All’inizio del processo di digitalizzazione il termine era essere agile. C’è un’intervista di una settimana fa del nuovo Ceo di Verizon, il più importante fornitore di telecomunicazioni al mondo, secondo cui siamo passati dal ‘Think agile’ al ‘Think like a Nimble’: in pratica essere agili non basta più”.

L’azienda farmaceutica per cui Gigante opera ha reso l’Ai generativa “il must have per tutti, anche utilizzando sistemi di reverse mentoring all’interno dell’azienda per formare le persone”, e poi ha mappato i bisogni per creare casi d’uso peronsalizzati: “Per esempio, l’ascolto delle segnalazioni di farmacovigilanza che possono comparire dai social media, dal web, per ottimizzare i sistemi di raccolta che siamo obbligati per legge a raccogliere. L’Ai ci permette anche di migliorare la formazione del personale di informazione medico-scientifica attraverso vie più rapide”.​

La vera innovazione, spiega Gigante, sono i dati sintetici, informazioni generate dall’Ai per imitare le caratteristiche statistiche dei dati reali: “Per fare ricerca, sappiamo quanto è importante il lavoro sulla privacy del paziente. Il primo passo di uno studio clinico è la raccolta del consenso informato, ma ora non c’è più bisogno di questo passaggio, perché il paziente è un paziente digitale che ci permette di estrapolare dati da database mondiali”.

Chiesi ha avviato due esperienze con grandi centri universitari italiani per studi di fase 4 di Real World Evidence. “Per la prima volta l’Fda (la Food and Drug Administration, l’agenzia per il farmaco statunitense) ha accettato un dossier con dati sintetici per trial registrativi. Questo è il segno che qualcosa sta davvero cambiando”, chiosa Gigante.

L’immagine in copertina è stata generata con l’Ai.

Welfare

content.lab@adnkronos.com (Redazione)

© Riproduzione riservata

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