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Niente università per i bulli: la rivoluzionaria legge della Corea del Sud dal 2026

Quarantacinque studenti sono stati rifiutati da sei università della Corea del Sud perché in passato sono stati dei bulli o hanno avuto atteggiamenti violenti a scuola.

Lo rende noto la deputata Kang Kyung‑sook, che spiega come, durante il ciclo di ammissioni del 2025, sei delle dieci università nazionali di punta del Paese abbiano respinto i candidati non per motivi di demerito scolastico, ma per quello che potremmo definire un “demerito civile”.

È la prima volta che gli atenei alzano il muro a degli studenti che hanno ottenuto eccellenti risultati nello studio.

La decisione assume un significato particolare perché arriva in Corea del Sud, un Paese dove la produttività e la competizione (scolastica e lavorativa) sono da sempre al centro della società. Le cose, però, stanno cambiando e quella che ora è l’iniziativa di alcune università presto diventerà una legge nazionale.

Come funziona l’ammissione all’Università in Corea del Sud

Il sistema di ammissione alle università della Corea del Sud ha sempre dato priorità all’eccellenza accademica, valutando i candidati con il College Scholastic Ability Test (Csat).

Per decenni, gli studenti con i punteggi più alti sono riusciti ad assicurarsi un posto in istituzioni d’élite anche quando altri aspetti del loro background erano meno edificanti.

L’eccessiva attenzione data al merito e alla produttività, però, ha creato lacune in altri ambiti: nel 2023, più di 60mila studenti sud-coreani sono stati vittime di bullismo, una quota raddoppiata in appena cinque anni.

Questa situazione ha spinto le università a riconsiderare l’importanza dei comportamenti disciplinari. Secondo il Korea JoongAng Daily, gli studenti rifiutati avevano ottenuto voti eccellenti, svolto attività extracurricolari di rilievo e, più in generale, godevano di referenze impeccabili. Tuttavia, il loro coinvolgimento in episodi di bullismo è stato giudicato “incompatibile con i valori che le università intendono promuovere”.

Istituti come la Kyungpook National University, una delle università più prestigiose del Paese, hanno già introdotto un sistema di detrazione dei punti per i candidati con tendenze alla violenza scolastica, con sanzioni che vanno da 10 a 150 punti a seconda della gravità. Con le nuove regole, coloro che hanno precedenti particolarmente gravi potrebbero essere squalificati del tutto, a prescindere dal rendimento.

La stessa università ha spiegato che, nel 2025, ha respinto nel 2025 ventidue candidati a causa dei loro precedenti disciplinari. Tra questi, due avrebbero ottenuto anche ottimi risultati al Csat, senza sapere di essersi preclusi il percorso universitario proprio tra i banchi di scuola.

Dal 2026 la legge anti-bulli

Quella che finora è stata una iniziativa di alcune università, dal prossimo anno diventerà legge in Corea del Sud. Come riportato dall’agenzia stampa locale Yonhap News, infatti, il governo sudcoreano ha stabilito che, dal 2026, tutte le università nazionali dovranno tenere conto dei precedenti di violenza scolastica nei processi di ammissione al fine di “promuovere ambienti di apprendimento più sicuri e rafforzare il senso di responsabilità individuale” indipendentemente dal percorso di ammissione (ammissione anticipata o ammissione ordinaria).

La reazione dei cittadini: tra entusiasmo e scetticismo

Il fenomeno della violenza scolastica è da tempo sotto osservazione nel Paese asiatico, ma come hanno reagito i cittadini a questa novità nel processo di ammissione?

Molti sudcoreani hanno accolto di buon grado l’iniziativa degli istituti e l’annuncio della nuova legge, ritenendo che il ruolo delle università sia anche quello di crescere buoni cittadini, non solo ottimi professionisti. Questa frangia ritiene che il merito scolastico non possa giustificare le cattive condotte passate e che questo filtro  possa contribuire a scoraggiare atti di bullismo già nei primi anni di scuola: temendo ripercussioni sulla propria carriera, gli studenti eviterebbero atteggiamenti violenti sin da piccoli.

Come spiega Seasia.co, però, non tutti sono d’accordo. Secondo gli scettici, le nuove regole rischiano di creare un sistema di ammissione troppo discrezionale, dove sono le università a stabilire cosa integri un comportamento violento e cosa no. Inoltre, alcuni temono che infrazioni minori comportino una condanna a vita, mentre casi più gravi potrebbero essere non denunciati per paura di ritorsioni o per altri motivi.

Un altro rischio segnalato dagli scettici è quello di creare un sistema iniquo, che finisca per privilegiare i più ricchi: già adesso alcuni studenti accusati di bullismo stanno cercando di ribaltare le decisioni disciplinari della scuola attraverso azioni legali amministrative. Chi non ha i soldi per un avvocato, però, non può permettersi una revisione del proprio caso.

La Corea del Sud ripensa i propri valori

Nonostante i dubbi, la linea intrapresa dalla Corea del Sud è chiara: per essere buoni cittadini non basta essere eccellenti a scuole, ma bisogna rispettare gli altri.

La decisione sull’ammissione alle università sembra arrivare all’improvviso, ma non è così. Da tempo, il Paese sta rivalutando i pilastri su cui si fonda la propria società, per decenni ispirata solo alla produttività sfrenata, come il vicino Giappone (dove è nato il fenomeno degli hikikomori).

Non è un caso che proprio in Corea del Sud ospiti la Space Out Competition, una competizione che premia chi non fa assolutamente niente.

Era il 2014 quando l’artista visiva Woopsyang, allora trentenne, si rendeva conto di essere a un passo dal baratro a causa del burnout. “Mi chiedevo perché mi sentissi così ansiosa nel non fare nulla”, aveva dichiarato l’artista. E la risposta è che in Corea del Sud fermarsi genera l’ansia di restare indietro, mentre tutti corrono.

Fu allora che Woopsyang intuì l’importanza di non fare nulla, trasformandola in uno sport agonistico. Il governo metropolitano di Seoul ha abbracciato l’iniziativa, rendendola un evento ufficiale con l’obiettivo di rendere il fiume Han “un luogo che offre riposo ed energia più freschi nella vita quotidiana dei cittadini”. Oggi, la Space Out Competition, che si basa su parametri come la misurazione del battito cardiaco e la capacità di lasciarsi andare, ha raggiunto anche Pechino, Rotterdam, Taipei, Hong Kong e Tokyo.

Nel frattempo, la Corea del Sud continua a ripensare i propri valori per costruire un futuro migliore.

Giovani

content.lab@adnkronos.com (Redazione)

© Riproduzione riservata

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