(Adnkronos) – Il fortino di Piazzetta Cuccia è pronto alla battaglia. Oggi, 28 gennaio, il Consiglio di Amministrazione di Mediobanca si riunirà per esaminare l’offerta pubblica di scambio (Ops) da 13,3 miliardi di euro lanciata lo scorso 24 gennaio da Banca Monte dei Paschi di Siena. A quanto si apprende da ambienti finanziari, l’offerta sarà con ogni probabilità considerata ostile. Sempre stando a indiscrezioni, Mps pare abbia già scelto gli advisor (Jpm e Ubs) mentre Mediobanca li sceglierà più avanti. Classificare l'Ops come "ostile", suggeriscono gli esperti, comporta rilevanti conseguenze sul piano operativo. La prassi della Banca Centrale Europea e della Consob è chiara: l’approvazione di operazioni ostili richiede che, al termine dello scambio, i nuovi azionisti detengano almeno il 51%. Solo così sarebbe possibile convocare un’assemblea per modificare il consiglio di amministrazione. Diversamente, questo il ragionamento, la situazione rischia di diventare ingovernabile, con un management che già considera l’operazione ostile. Secondo quanto si apprende da fonti ben informate, Mps potrebbe contare attualmente sul sostegno di circa il 34% delle quote: un dato sostenuto dal 19,7% di Delfin, dal 7,5% di Caltagirone e da una serie di altri azionisti con quote più piccole. Il restante capitale, salvo il blocco compatto a favore dell'indipendenza della Banca, è una sfida da conquistare. La composizione dell’azionariato di Mediobanca, sottolineano gli analisti, vede gli investitori istituzionali detenere circa il 35%: BlackRock ha una quota superiore al 4%. Un altro 20% è influenzato dall’accordo di consultazione, che da solo pesa circa l’11%. "E' alquanto probabile – spiega l'esperto Giorgio Vintani all'Adnkronos – che dal Cda di domani emerga una mozione a difesa della banca, che cercherà di smontare le sinergie proposte dal Monte. Nagel cercherà di far leva sugli investitori istituzionali e smontare l’alleanza Delfin-Caltagirone, che insieme comunque detiene il 27,57% del capitale della banca". L'impresa di persuasione di Mps non sarà facile, suggeriscono gli analisti. Mediobanca, sostengono in ambienti finanziari, adotta da sempre una governance allineata alle dinamiche di mercato, un modello molto apprezzato dagli investitori istituzionali. Questi, abituati a diversificare i propri investimenti, vedono una governance trasparente e orientata al mercato come garanzia di solidità e buona gestione. È una fiducia costruita negli anni grazie a performance solide e coerenti, che hanno rafforzato il legame tra Mediobanca e i suoi azionisti. I dubbi sull’Ops non mancano. Alcuni analisti, come Equita, mettono in luce il rischio di “dis-sinergie” che potrebbero minare l’identità distintiva di Mediobanca. Si teme che l’integrazione tra due realtà con modelli di business e culture aziendali differenti non generi valore, ma al contrario, diluisca i punti di forza di entrambe. Il premio offerto appare modesto: si parla di uno sconto del 9% rispetto ai recenti movimenti di mercato. Senza una componente cash nell’offerta, il ridotto appeal speculativo delle azioni Mps rende l’operazione poco convincente. Per conquistare il fortino di Piazzetta Cuccia, questo il rumor ricorrente, Mps dovrà dimostrare che l’unione delle due banche genera valore per gli azionisti di entrambe. Più di uno a conoscenza del dossier mormora che una parte rilevante degli utili di Mediobanca deriva dalla partecipazione in Generali, considerata una risorsa finanziaria assimilabile alla liquidità, indipendentemente da chi la detenga: quindi, assicurano, nessun problema in caso di conquista da parte di Piazza Salimbeni. Non mancano poi voci autorevoli che sostengono l’operazione. L’economista della Bocconi Michele Calcaterra, ad esempio, la definisce all'adnkronos “politicamente, industrialmente e finanziariamente sensata”. Secondo Calcaterra, la fusione potrebbe creare un polo bancario italiano forte. Sul piano industriale, Mps colmerebbe le proprie lacune nel corporate investment banking e nel risparmio gestito grazie alle competenze di Mediobanca. La strada è tutt’altro che semplice, sottolineano gli analisti. Il mercato, si mormora, chiede un rilancio del 7%, pari a circa 920 milioni di euro, per rendere l’offerta più appetibile. Qualcuno ipotizza che si possa tirare fuori dal cilindro un del cavaliere bianco (White Knight), la classica difesa che in finanza si usa per impedire la scalata di una società (detta target) da parte di un'altra (acquirente). I nomi si susseguono a ritmo di galoppo: Intesa Sanpaolo? "E' difficile da individuare in Italia (visto la reticenza di Intesa a fare operazioni simili)", sottolinea Vintani. Qualcuno sussurra il nome di Unicredit ma fonti finanziarie ben informate invitano a guardare altrove: Unicredit è già fortemente focalizzata sulle sue attività principali, con strategie ben definite e ampiamente comunicate al mercato. —finanzawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Mps, la battaglia per Piazzetta Cuccia tra strategie e dubbi di mercato
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