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Scoperta astronomica INAF: l’immagine più nitida di un arco gravitazionale

(Adnkronos) – Grazie a uno sforzo congiunto che ha coinvolto una rete mondiale di radiotelescopi, tra cui la parabola dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) a Medicina (vicino a Bologna), un team internazionale ha riscritto un nuovo capitolo nell’osservazione delle galassie remote. L’applicazione della tecnica di interferometria a lunga base (VLBI) e lo studio delle cosiddette lenti gravitazionali hanno prodotto due risultati rivoluzionari, pubblicati rispettivamente su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society e su Nature Astronomy
: l’immagine radio più definita di un arco gravitazionale e l’identificazione del più piccolo oggetto celeste mai rilevato a distanze cosmologiche unicamente tramite l’effetto della gravità. I risultati aprono prospettive inedite sull’indagine delle galassie lontane e, soprattutto, della sfuggente materia oscura. 

Il fenomeno della lente gravitazionale, come previsto dalla teoria della relatività generale di Einstein, si verifica quando una massa imponente curva lo spazio-tempo, deviando la luce o la radiazione proveniente da una sorgente più distante. Lo studio si è concentrato sulla lente gravitazionale JVAS B1938+666, un sistema in cui una galassia ellittica massiccia, situata a circa 6,5 miliardi di anni luce, deforma la radiazione di una radiosorgente posta a oltre 11 miliardi di anni luce. 

Per ottenere un dettaglio estremo, è stata impiegata la tecnica VLBI (Very Long Baseline Interferometry), che ha collegato 22 radiotelescopi a livello globale, inclusi l’European VLBI Network, il Very Long Baseline Array americano e il Green Bank Telescope. La parabola da 32 metri “Gavril Grueff” di Medicina, gestita dall’INAF, è stata parte integrante di questa rete. La correlazione dei dati, gestita presso JIVE, ha permesso di simulare un’unica antenna virtuale con un diametro pari alla distanza tra le parabole più distanti, raggiungendo una risoluzione pari a un millesimo di secondo d’arco. Questa risoluzione equivale a distinguere strutture grandi appena una trentina di anni luce alla distanza della radiosorgente. 

Le osservazioni, durate 14 ore alla frequenza di 1,7 GHz, hanno svelato “un arco gravitazionale sottilissimo e quasi completo, il più definito mai osservato con questa tecnica

.” 

Immagine in falsi colori dell’arco gravitazionale del sistema JVAS B1938+666 osservato alla frequenza radio di 1,7 GHz con la tecnica VLBI. Crediti: J. P. McKean et al. / MNRAS 2025

 

Attraverso la modellazione estremamente precisa della distribuzione di massa della galassia-lente, il team è riuscito a ricostruire la morfologia reale della radiosorgente di sfondo. I risultati indicano che la sorgente remota, a 11 miliardi di anni luce, è una struttura compatta e simmetrica coerente con una fase giovanile di attività di un buco nero supermassiccio. La struttura appare estesa per circa 2000 anni luce, priva di un nucleo centrale evidente, ma caratterizzata da due regioni di emissione radio brillanti ai bordi. 

“Questo articolo è il primo di una serie e presenta le osservazioni VLBI, che sono state particolarmente complesse,” ha commentato la ricercatrice INAF e co-autrice dello studio, Cristiana Spingola. Il coordinatore delle osservazioni, John McKean dell’Università di Groningen, ha aggiunto che “fin dalla prima immagine ad alta risoluzione, abbiamo immediatamente notato una certa anomalia nell’arco gravitazionale, segno rivelatore che eravamo sulla buona strada.” 

L’anomalia riscontrata nell’arco gravitazionale, una sottile distorsione, è diventata la firma inequivocabile di una scoperta ancora più sorprendente. Basandosi sullo stesso complesso set di dati VLBI, un secondo studio ha portato all’identificazione del più piccolo oggetto mai individuato nell’Universo lontano grazie al solo effetto della forza di gravità. 

 

Immagine in falsi colori della sorgente compatta con massa pari a 1 milione di soli, identificata nello studio pubblicato su Nature Astronomy. Crediti: D. M. Powell, et al. / Nature Astronomy

 

 

Sviluppando nuovi algoritmi avanzati per l’analisi dei dati, il team ha identificato una concentrazione di massa addizionale, probabilmente alla stessa distanza della galassia-lente (6,5 miliardi di anni luce), con una massa di circa un milione di Soli. Questo valore è di gran lunga inferiore ai mille miliardi tipici di una galassia. La scoperta è rivoluzionaria: “È la prima volta che un oggetto di massa così ridotta viene rilevato a una distanza cosmologica basandosi unicamente sul suo effetto gravitazionale,” ha affermato Spingola. 

 

Cristiana Spingola, co-autrice dello studio e ricercatrice INAF presso l’Istituto di Radioastronomia, Bologna. Crediti: INAF

 

 

Questa piccola massa rappresenta la prova dell’esistenza di oggetti troppo deboli e compatti per essere osservati direttamente, e la sua identificazione è considerata un “test cruciale per comprendere la natura della materia oscura.” L’oggetto potrebbe essere un alone di materia oscura, un ammasso stellare compatto o una piccola galassia nana spenta. Come ha sottolineato Simona Vegetti dell’Istituto Max Planck per l’astrofisica, “Ci aspettiamo che ogni galassia, compresa la nostra Via Lattea, sia piena di ammassi di materia oscura, ma trovarli e convincere la comunità scientifica della loro esistenza richiede un’enorme quantità di calcoli.” 

Se ulteriori analisi e la ricerca di altri casi simili dovessero confermare la presenza di corpi oscuri di questa scala, alcune teorie consolidate sulla natura della materia oscura potrebbero essere definitivamente escluse, aprendo nuove frontiere per la cosmologia. 

 

Immagine di Cover. Sovrapposizione dell’emissione infrarossa (in bianco e nero) con l’emissione radio (a colori) dell’arco gravitazionale del sistema JVAS B1938+666. L’oggetto oscuro e di piccola massa si trova nel vuoto nella parte luminosa dell’arco sul lato destro. Crediti: Keck/EVN/GBT/VLBA/John McKean 

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