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Perché il 2026 sarà l’anno di Italia e Germania

(Adnkronos) – Passato lo choc (anche un po’ esagerato) della Strategia di sicurezza nazionale trumpiana, è utile concentrarsi sulle carte che l’Europa può ancora giocarsi. Una di queste, inimmaginabile fino a poco tempo fa, è l’alleanza italo-tedesca, destinata a ridefinire gli equilibri europei in un contesto di instabilità interna francese e nuove geometrie politiche globali. 

Tra i due Paesi il legame non è stato mai così forte dai tempi di Adenauer e De Gasperi. Il presidente del Consiglio italiano accolse a Roma il cancelliere tedesco in una storica visita nel giugno 1951, a poche settimane dalla firma del trattato che istituì la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, e che mise fine all’isolamento tedesco vincolando l’industria bellica dei sei Paesi fondatori a un progetto di pace comune. Da quella ripresa delle relazioni diplomatiche – di cui nel 2026 si celebreranno i 75 anni – i due governi collaborarono strettamente per creare la Comunità europea di difesa (Ced), ma nel 1954 la bocciatura francese e la diffidenza degli altri Stati membri (la ferita della guerra era ancora aperta) bloccarono un processo che è ripartito sul serio solo dopo l’invasione russa dell’Ucraina.  

Meloni-Merz: stabilità politica e convergenza ideologica
 

A parte le ricorrenze diplomatiche, il 2026 sarà l’anno di Italia e Germania per ragioni ben più sostanziali. Roma e Berlino hanno in comune due governi a guida conservatrice, una certa stabilità e la ragionevole aspettativa di non dover affrontare elezioni nazionali da qui a un anno e mezzo. Inoltre, Giorgia Meloni e Friedrich Merz non rientrano negli schemi che hanno dominato i rispettivi Paesi per due decenni: l’era Merkel e quella della schizofrenia governativa italiana. Tra i leader si è instaurata una “chimica” fondata sul pragmatismo e sull’aver navigato da esterni la fase precedente: lei all’opposizione sin dalla nascita di Fratelli d’Italia nel 2012; lui fuori dalla politica e nel mondo degli affari durante la guida merkeliana della Cdu. Gli anni in cui l’Italia era il membro fiscalmente indisciplinato dell’Unione, delle risate con Sarkozy al Consiglio europeo che anticipavano la caduta di Berlusconi nel 2011, della contrapposizione tra il rigido ministro delle Finanze Schaeuble e i cosiddetti Piigs. 

Oggi l’Italia ha uno spread sotto i 70 punti base, conti pubblici in ordine e potrebbe uscire in anticipo dalla procedura d’infrazione, mentre la Germania, in crisi d’identità, deve ridefinire il proprio ruolo nel mondo anche attraverso la sua potenza industriale e di motore dell’export europeo. La convergenza ci è sempre stata, le filiere sono da decenni integrate, ma ora si vede chiaramente un disegno strategico per spingere l’Unione in una direzione diversa.  

Il forum Mimit-Bmwe
 

Quali sono i segnali, concreti, di questa special relationship? Partiamo da oggi, 10 dicembre: al Ministero delle Imprese e del Made in Italy si è tenuto il secondo Forum ministeriale italo-tedesco, presieduto dal ministro Adolfo Urso e dalla ministra federale dell’Economia e dell’Energia Katherina Reiche, che ha prodotto un documento congiunto di politica industriale su auto e siderurgia. Al centro, la revisione della transizione ecologica europea e in particolare dello stop ai motori endotermici previsto per il 2035. Urso, in sintonia con la collega tedesca, rivendica una “revisione radicale ed efficace” che preveda neutralità tecnologica, riconoscimento strutturale del ruolo di biofuel, e-fuel e tecnologia ibrida, estendendo il nuovo approccio anche ai veicoli commerciali e pesanti. Merz ha formalmente richiesto alla Commissione europea di permettere ai “motori a combustione altamente efficienti” di continuare oltre il 2035, posizione condivisa da altri sei Stati membri dell’Ue. La battaglia comune mira a tutelare le industrie energivore europee e “rimediare ai danni di una transizione ideologica”, proteggendo settori automotive vitali per Germania e Italia. 

I segnali diplomatici della nuova alleanza
 

L’agenda bilaterale dei prossimi mesi conferma la vivacità di questo rapporto. La settimana prossima, durante la XVIII edizione della Conferenza delle Ambasciatrici e degli Ambasciatori d’Italia nel mondo (che Adnkronos seguirà con tre dirette speciali), ci sarà un solo ministro degli Esteri, in una sessione speciale insieme ad Antonio Tajani, e sarà il tedesco Johann Wadephul. Il 23 gennaio 2026 si terranno a Roma le consultazioni per il Piano d’Azione italo-tedesco, con Merz ricevuto da Meloni per il nuovo vertice intergovernativo tra i due paesi. Il Piano d’Azione, firmato nel novembre 2023, prevede cooperazione rafforzata su politica industriale, spazio, tecnologie digitali e green, sicurezza e difesa, migrazione e cultura. 

Difesa e industria degli armamenti
 

La difesa rappresenta uno dei settori più dinamici della cooperazione. Il 15 ottobre 2024, Leonardo e Rheinmetall hanno costituito la joint venture paritetica Leonardo Rheinmetall Military Vehicles (Lrmv), con sede legale a Roma e operativa a La Spezia, dove si svolgerà circa il 60% delle attività industriali. Pochi giorni fa, Lrmv ha firmato il primo contratto per la fornitura di 21 veicoli cingolati A2CS Combat per l’Esercito italiano, con il primo mezzo consegnato entro la fine del 2025. L’amministratore delegato Laurent Sissmann ha definito l’accordo come “la nascita di una sinergia industriale concreta” destinata a sviluppare non solo veicoli, ma una capacità industriale condivisa per i futuri carri armati principali europei. 

Il Piano d’Azione prevede una cooperazione rafforzata su numerosi programmi, dal Sistema principale di combattimento terrestre (Mgcs) al Sistema di combattimento corazzato di fanteria (Ajcs), dal Rotore di nuova generazione (Ngrc) al progetto di difesa anti-missili ipersonici Hydis. Oltre ai progetti già esistenti come Eurofighter, Eurodrone, elicottero NH-90 e missile Vulcano, le due nazioni mirano a “ridurre la frammentazione, promuovere l’intercambiabilità e rafforzare l’industria europea della difesa”. 

Spazio e innovazione
 

Lo spazio costituisce un pilastro fondamentale della partnership strategica italo-tedesca. Al centro della collaborazione figura il programma Iris², la costellazione satellitare europea per comunicazioni sicure e sovrane, con primo lancio previsto nel 2029. Durante il primo Forum ministeriale a Berlino nel novembre 2024, i ministri Urso e Habeck hanno posto lo spazio al centro della cooperazione bilaterale, identificandolo come “catalizzatore per le tecnologie emergenti” e strumento per garantire competitività e autonomia all’Europa. Il Piano d’Azione prevede gruppi di lavoro dedicati all’economia spaziale, promuovendo collaborazioni industriali e poli di innovazione. Dopo la partecipazione italiana alla Fiera di Hannover 2025, a ottobre il German-Italian Aerospace Forum a Roma ha ulteriormente consolidato questa collaborazione, supportata dal Consiglio dei Ministri Esa 2025. 

Regolamentazione e sovranità tecnologica
 

Nella partita europea sull’“Omnibus digitale” la Germania si sta ritagliando il ruolo di capofila dei paesi che chiedono una vera cesura con la stagione della iper regolazione, e la linea illustrata da Karsten Wildberger, ministro per la digitalizzazione, al Consiglio Ue Telecomunicazioni del 9 dicembre, conferma questa ambizione: Berlino saluta il pacchetto della Commissione come un passo nella direzione giusta ma lo giudica insufficiente, chiede di estendere l’ambito della riforma, rendere le norme nativamente “machine readable” per permettere una compliance automatizzata e tagliare in modo drastico il ricorso ad atti delegati ed esecutivi che scaricano incertezza giuridica su imprese e amministrazioni nazionali.  

Parlando con chi ha partecipato al forum berlinese sulla sovranità digitale di fine novembre, la sovranità non viene più declinata come autarchia tecnologica ma come capacità europea di governare infrastrutture critiche – dai cavi sottomarini allo spazio, già definiti da vari ministri “nuovi territori sovrani” – e di costruire un quadro normativo sufficientemente semplice per non trasformare il fattore regolatorio in un vantaggio competitivo per gli attori extra Ue. È in questo spazio che si inserisce, quasi in modo complementare, la posizione italiana espressa dal viceministro Valentino Valentini al Consiglio Telco: meno complessità normativa, più chiarezza e coerenza tra i grandi regolamenti orizzontali (Dsa, Dma, Data Act, Cyber Resilience, Nis2), razionalizzazione degli obblighi per evitare sovrapposizioni, e soprattutto uso “intelligente” del digitale – piattaforme comuni, interoperabilità tra autorità, modelli e procedure standardizzate – per ridurre oneri invece di crearne di nuovi.  

L’allineamento tra Ppe e Ecr
 

La convergenza Roma-Berlino trova riscontro anche nelle dinamiche del Parlamento europeo, dove il Partito Popolare Europeo (Ppe) di Merz e i Conservatori e Riformisti Europei (Ecr) di Meloni collaborano sempre più frequentemente. L’Ecr, quarto gruppo parlamentare con 80 eurodeputati provenienti da 19 Stati membri (e che in questi giorni si riunisce a Roma per i suoi ‘study days’), si posiziona come possibile “cardine” di coalizioni variabili, capace di collaborare sia con il Ppe che con i Patrioti su dossier specifici, facendo ovviamente irritare il resto della maggioranza che ha sostenuto il secondo mandato di Ursula von der Leyen, ovvero Socialisti e Liberali. Questa dinamica, definita anche “maggioranza venezuelana” dopo il voto congiunto sul riconoscimento di Edmundo González come presidente del Venezuela, si è manifestata ripetutamente su temi industriali e di politica estera. Il presidente del Ppe Manfred Weber ha dimostrato più volte disponibilità a proteggere il governo Meloni, come nel blocco della missione parlamentare europea sullo stato di diritto in Italia, che si sarebbe dovuta tenere in questi giorni. (di Giorgio Rutelli) 

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