CASTIGLIONCELLO – Potenti dice stop uso del femminile, Lega ritira ddl: “Iniziativa personale”
Il senatore leghista toscano Manfredi Potenti con un ddl dice stop all’uso del femminile negli atti pubblici. Niente più sindaca, avvocata, prefetta. Con tanto di 5.000 euro di multa per i trasgressori.
Scoppia la polemica.
E la Lega Salvini ritira il Ddl dissociandosi dalla proposta di legge a firma senatore Manfredi Potenti, livornese di Castiglioncello.
“La Lega precisa che la proposta di legge del senatore Manfredi Potenti è un’iniziativa del tutto personale. I vertici del partito, a partire dal capogruppo al Senato Massimiliano Romeo, non condividono quanto riportato nel ddl Potenti il cui testo non rispecchia in alcun modo la linea della Lega che ne ha già chiesto il ritiro immediato”.
L’Accademia della Crusca: “Il Ddl del senatore leghista Manfredi Potenti è sicuramente improvvido laddove vuole vietare per legge, negli atti pubblici, i nomi al femminile di talune professioni. Fa, pertanto, piacere che si arrivi al suo ritiro”.
Marco Simiani, deputato toscano Pd: “Facciamo i complimenti al senatore della Lega, Manfredi Potenti. Mentre il suo leader di partito e ministro delle Infrastrutture Salvini toglie 300 milioni di euro per l’interporto di Livorno, non attiva le compensazioni promesse per il rigassificatore di Piombino e dimentica le risorse per la Tirrenica, non solo rimane in religioso silenzio ma trova il tempo per presentare ‘l’ottima e fondamentale’ proposta di legge che cancella il genere femminile negli atti pubblici, introducendo addirittura multe di 5000 euro per i trasgressori. Complimenti! E’ così che si fanno gli interessi del territorio e dei cittadini”.
Sara Funaro, sindaca di Firenze: “La Lega si schiera contro la parità di genere e ‘scomoda’ addirittura la lingua italiana. Il disegno di legge a prima firma del senatore Potenti per proibire l’uso di termini al femminile negli atti pubblici è fuori luogo e fuori tempo. Caro senatore, è questione di declinazione corretta della lingua italiana: sono una donna e sono la sindaca di Firenze, città attenta alla parità di genere. Il nostro Comune ha realizzato con l’Accademia della Crusca il primo progetto sul linguaggio di genere. Il rispetto verso le donne passa anche da queste cose”.
La proposta di legge della Lega con Manfredi Potenti punta a vietare negli atti pubblici “il genere femminile per neologismi applicati ai titoli istituzionali dello Stato, ai gradi militari, ai titoli professionali, alle onorificenze, ed agli incarichi individuati da atti aventi forza di legge”.
Il testo, a firma del senatore leghista, Manfredi Potenti, nelle premesse: “La presente legge intende preservare l’integrità della lingua italiana ed in particolare, evitare l’impropria modificazione dei titoli pubblici, come ‘sindaco’, ‘prefetto’, ‘questore’, ‘avvocato’ dai tentativi ‘simbolici’ di adattarne la loro definizione alle diverse sensibilità del tempo”.
Occorre scongiurare che la legittima battaglia per la parità di genere, al fine di conseguire visibilità e consenso nella società ricorra a questi eccessi non rispettosi delle istituzioni“, si spiega. E, per questo, si ritiene “necessario un intervento normativo che implichi un contenimento della creatività nell’uso della lingua italiana nei documenti delle istituzioni”.
L’articolo 3 sull’uso della lingua italiana negli atti pubblici è messo nero su bianco il “divieto del ricorso discrezionale al femminile o sovraesteso od a qualsiasi sperimentazione linguistica. E’ ammesso l’uso della doppia forma od il maschile universale, da intendersi in senso neutro e senza alcuna connotazione sessista”.
Obiettivo – come recita l’articolo 1 – è “preservare la pubblica amministrazione dalle deformazioni letterali derivanti dalle necessità di affermare la parità di genere nei testi pubblici”.
Capitolo a parte le multe (articolo 5): “La violazione degli obblighi di cui alla presente legge comporta l’applicazione di una sanzione pecuniaria amministrativa consistente nel pagamento di una somma da 1.000 a 5.000 euro”.
Accademia della Crusca con il presidente Paolo D’Achille: “Le iniziative in sede legislativa che riguardano la lingua italiana non possono essere estemporanee: devono essere il più possibile condivise e mai ideologiche. Gli usi individuali o letterari della lingua non li norma nessuno. Bisogna, invece, essere cauti nelle innovazioni in sede legislativa perché le leggi hanno un forte impatto sociale e devono risultare comprensibili e chiare, inserendosi in una tradizione di scrittura che non può essere ignorata”.
In via generale “Qualunque nome di genere maschile in italiano può essere volto al femminile e riferito a donne; al contrario, ci sono nomi di genere femminile che non si possono volgere al maschile anche se sono riferiti a uomini”.