Oggi vorrei parlare di un aspetto molto peculiare della compravendita di immobili.
Mi sembra infatti che si faccia un po’ di confusione sulla questione ‘conformità degli impianti alla normativa vigente e loro certificazione di conformità’.
È del tutto evidente che si possa vendere un immobile che non sia in regola con la normativa dettata in tema di sicurezza degli impianti, soprattutto per la ragione che l’acquirente potrebbe comprare un immobile con l’intenzione di ristrutturarlo totalmente e, nell’ambito della ristrutturazione, installare nuovi impianti.
Quello che è importante, dunque, in una compravendita immobiliare, non è tanto che gli impianti siano conformi alla normativa in materia di sicurezza vigente. Ciò che rende però rilevante questa materia in una compravendita è la fase delle trattative. Intendo dire che colui che acquista un immobile deve conoscere esattamente lo stato degli impianti ed il venditore deve illustrarli nella fase delle trattative. Questo perché si potrebbe creare un equivoco e quindi, stabilito un prezzo, l’acquirente potrà pensare erroneamente che il prezzo sia riferito ad un immobile con gli impianti in regola ed il venditore potrà pensare che quel prezzo è stato stabilito tenendo conto che gli impianti non sono in regola. Conclusivamente, l’argomento che riguarda la cosiddetta conformità degli impianti alla normativa in materia di sicurezza non ha un rilievo attinente alla legittimità del contratto e non condiziona la compravendita degli immobili, bensì ha un rilievo sostanziale nella fase delle trattative; chiarire con anticipo lo stato degli impianti impedirà il sorgere di controversie sul punto. Una volta che sia stato chiarito tra le parti nel momento della trattativa quale sia lo stato degli immobili, nulla impedisce a colui che intende acquistare di richiedere che la conformità degli impianti sia in qualche modo certificata; una volta, dunque, che la trattativa sia stata impostata sul presupposto che gli impianti siano adeguati alla normativa in materia di sicurezza vigente attualmente, laddove il proprietario venditore non abbia una certificazione che attesti questa circostanza, l’acquirente potrà ben pretenderla e ne farà richiesta al venditore il quale, in assenza di una certificazione di conformità rilasciata dall’installatore, non potrà che rivolgersi ad un tecnico specializzato per farsi rilasciare la cosiddetta dichiarazione di rispondenza (dell’impianto alla normativa vigente).
A questo punto è importante, sempre ai fini di una buona trattativa, tenere presente che la normativa che ha fatto da spartiacque alla regolamentazione degli impianti è del 1990, esattamente la legge numero 46; conseguentemente, impianti realizzati prima di quella data non sono certificati né di essi si può ottenere una dichiarazione di rispondenza, mentre se essi siano stati realizzati dopo tale data la dichiarazione di rispondenza potrà essere rilasciata dal tecnico specializzato solo in presenza dei requisiti minimi richiesti dalla legge 46 del ’90.
In conclusione, una piccola curiosità: cosa succede se un acquirente, una volta preso possesso della nuova casa, si accorge che la caldaia non funziona? Potrete ben capire che ne nascerà o ne potrà nascere una controversia: è per questa ragione che in una compravendita immobiliare può diventare utile affrontare l’argomento in modo chiaro e puntuale. Non dimentichiamo mai infatti, che, come si suol dire, il notaio ha una funzione antigiudiziale (come diceva Carnelutti, tanto più notaio tanto meno giudice). L’abitudine, dunque, di fermarsi un minuto e domandarsi quale sia lo stato degli impianti, inclusa la caldaia, può diventare importante nel momento in cui si redige e si dà lettura del contratto di compravendita e ancor più del suo preliminare.
Gloria Brugnoli