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Vivere il futuro vicino al mare

Quando alla fine di settembre 2021 sono andato a Trieste per la prima volta, avevo iniziato a scrivere da poco i Diari di un cambiamento climatico. Di quel viaggio ho molti ricordi, ma due cose mi sono rimaste talmente impresse da volerle mettere in Fango Secco (il secondo spettacolo che ho scritto sul tema): il porto di Trieste, che si affaccia direttamente sulla stupenda piazza Unità d’Italia, e il mare a 15 cm dal livello della strada.
Inutile dire che scrivendo uno spettacolo dove stavo raccontando il lento inabissarsi di Livorno, mi sono sentito immerso nella mia storia.

Ma torniamo proprio all’inizio di tutto, perché visto che questa rubrica nasce dalle radici della scrittura dei Diari, mi pare giusto condividere la genesi dello spettacolo.

Ricordo che ero sulla Terrazza Mascagni per il Mascagni Festival, cercando nei miei “archivi” era il 2 settembre e c’era il concerto de La Rappresentate di Lista, dopo il concerto saluto gli altri e vado verso la bici. Salito in sella un pensiero mi folgora:

“Chissà che emozioni potrei provare se pedalassi con l’acqua a mezza ruota”

Non c’era nulla che mi avesse potuto spingere a pensare una cosa del genere, e lungo i tre chilometri che mi separano da casa, il pensiero prende sempre più spazio nella testa, e una volta arrivato, invece di andare dormire, inizio a scrivere di getto. Alle 2:40, dopo aver riletto 2 volte quello che avevo scritto, mando tutto a Roberto Mercadini (con cui ho fortuna di avere degli scambi di messaggi da diversi anni). Due giorni dopo arriva la risposta che mi incoraggia a continuare, e da quel momento parte tutto!

Sono decenni che seguo quello che sta accadendo nel mondo a causa del cambiamento climatico, e mi sono accorto che per tutti è difficile capire che sta già accadendo. Dove andavo al mare da bambino c’erano degli scogli che raramente andavano sotto il pelo dell’acqua, ora quegli stessi scogli raramente affiorano e non per un fenomeno di subsidenza: in 40 anni il livello del mare si è alzato di circa 15 cm! Grazie agli “archivi” di misurazioni che partono dal 1880 possiamo vedere che la sua velocità di innalzamento, sul lungo periodo, tende quasi a raddoppiare: quindi seguendo questa tendenza fra altri 40 anni il mare di sarà alzato di altri 30 cm, e fra 80 anni sarà più alto di circa 90 cm rispetto a oggi!

Cosa vuol dire questo?

Semplicemente, se non ci sarà un cambio di tendenza, nel 2106 molte città italiane, come Trieste potrebbero già aver iniziato a subire le conseguenze del loro inabissamento, un processo lento ed inesorabile, che è impossibile percepire quotidianamente, ma che si può vedere solo se siamo disposti a guardare decine d’anni alle nostre spalle!
Parlando di Trieste in piazza Unità d’Italia sarà impossibile camminare come oggi!
Tornando in Toscana il mare avrà mangiato parte della tenuta di S.Rossore, inizierà a minacciare la pineta di Marina di Cecina, l’Argentario avrà iniziato la sua trasformazione in isola con la strada per Albinia che sempre più stesso sarà allagata, a Livorno i quartieri della Venezia e del Pontino potrebbero iniziare ad avere l’acqua per le strade, senza contare altri tipi di disagi, come le fogne che spinte da una pressione marina superiore a quella di oggi, smetteranno di ricevere, possibili blackout, allagamenti, mareggiate sempre più violente che colpiscono Rotonda, Terrazza Mascagni e tutto il lungo mare e altro ancora, senza contare che l’innalzamento del livello del mare farà aumentare il fenomeno dell’erosione della costa, evento che già oggi è tema d’attenzioni per diversi comuni costieri.

Terrazza Mascagni Allagata
Nella foto la Terrazza Mascagni a Livorno invasa dal mare (Fotografia: Ephraim Pepe)

Le mie sono solo fantasie?

Purtroppo no. Negli ultimi anni cinque isole dell’arcipelago delle Salomone sono scomparse  a causa dell’innalzamento del livello del mare: Nenduku, Kulafanga, Tasi, Olson e Narukoraro e attualmente altre sei isole sono gravemente minacciate dall’innalzamento del mare e dall’erosione costiera: Nuatambu che ha perso più della metà della sua superficie e 11 case dal 2011, Feawa dove un intero villaggio è stato distrutto e i residenti sono stati costretti a trasferirsi, Lau dove un altro villaggio è stato abbandonato, Simbo che è seriamente colpita dall’erosione, Gizo che oggi è molto più vulnerabile alle inondazioni e Rennell che ha la costa settentrionale in grave pericolo.
Si parla di circa 150 persone costrette a lasciare il luogo dove sono nate, non un numero da fare notizia, ma se vogliamo vedere cosa succederà alle nostre città costiere basta vedere cosa sta accadendo a Jakarta, una città di 10 milioni di abitanti che si sta velocemente inabissando (25 cm l’anno) a causa di un fenomeno di subsidenza.

Verrà fatto qualcosa per protaggere le nostre città?

Sicuramente sì, ma soluzioni tardive saranno solo toppe che mitigheranno i disagi, che rischiano di mettere a rischio le città costiere. Nel mio spettacolo ho immaginato la costruzione di due chiuse per i fossi di Livorno per permettere ai due quartieri più bassi della città di sopravvivere, ma questa e altre soluzioni, come ad esempio il muro che protegge Jakarta dal mare, sono solo soluzioni palliative. Poi soluzioni architettoniche come un muretto spesso 50 cm come quello di Jakarta, possono essere obiettivi nevralgici durante una guerra.
Ci sono allora altre soluzioni? Impossibile dire “Sicuramente verranno create delle città galleggianti” (ci sono delle sfide tecnologiche non proprio facili da risolvere) oppure “Verrà costruita una diga a Gibilterra” (in questo modo potremmo mettere in salvo il Mar Mediterraneo, ma non credo che altre Nazioni possano accettare una soluzione del genere).
Altre cose però sono certe: con una tensione politica simile a quella che viviamo oggi, sarà impossibile trovare una soluzione, impossibile pensare che i governi internazionali diano spazio a riflessioni e investimenti su questo tema. Oggi però possiamo iniziare ad agire singolarmente: pensare “Tanto queste cose accadono dall’altra parte del mondo” è pericoloso. Il nostro pianeta è uno solo e gli eventi che oggi si verificano in luoghi lontani come le isole Salomone un giorno accadranno anche da noi. È anche pericoloso dire “Fra 80 anni sarò già morto”, ma è nostro compito costruire il futuro, e non dobbiamo farlo solo per noi stessi, ma soprattutto per le generazioni future, i nostri figli e nipoti.

© Riproduzione riservata

Tecnologo incallito, imprenditore visionario e anima creativa: da oltre vent'anni il mio mestiere è creare il futuro. Esperto di software, innovatore instancabile, metto la mia competenza al servizio di chi desidera sfidare l'ordinario e costruire nuove opportunità. Ma non solo di codici vive l'uomo! Sono un appassionato di teatro, anima e fondatore della compagnia "I Leggendari". Per la compagnia ho scritto e messo in scena spettacoli come "Cecilia - Leggende di mare", "Diari di un cambiamento climatico" e "Fango Secco", che hanno conquistato il pubblico e la critica. Proprio l'esperienza di "Diari" mi ha ispirato la rubrica "Vivere il futuro": un viaggio immaginifico tra 80 anni, alla scoperta di innovazioni tecnologiche, rivoluzioni sociali e sfide ambientali. Perché il futuro è già qui, basta saperlo guardare!
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